Giornata internazionale della Consapevolezza sugli sprechi e le perdite alimentari 2023
Quanto sprechiamo?
Nel 2020 nell’Unione Europea 59 milioni di tonnellate di cibo, circa €132 milioni, sono finite direttamente nel cestino. Poiché è difficile visualizzare un simile quantitativo di spreco, gli scienziati del JRC hanno cercato di semplificare lo sforzo di immaginazione, calcolando che ognuno di noi ha gettato nell’immondizia circa 131kg di cibo all’anno.
Dimezzare lo spreco di cibo entro il 2030 è uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile definiti dall’Organizzazione delle Nazioni Unite, il numero 12 “Ensure sustainable consumption and production patterns”, si prefigge di garantire modelli sostenibili di produzione e consumo. Nello specifico, il target 12.3 mira a dimezzare lo spreco globale di cibo pro capite a livello di vendite al dettaglio e tra i consumatori, si prefigge inoltre la riduzione dello spreco anche lungo la catena di produzione e distribuzione, prestando attenzione anche alle perdite successive alla raccolta.
Secondo la FAO lungo l’intera catena di approvvigionamento alimentare, cioè nell’azienda agricola, durante la lavorazione e trasformazione, nei negozi, nei ristoranti e in ambito domestico, oltre un terzo del cibo prodotto va perso. Gli impatti economici e ambientali sono eclatanti, non di secondaria importanza, ma tuttavia meno evidenti, sono le ripercussioni sociali di questo spreco.
Il JRC ha condotto ulteriori analisi sullo spreco alimentare, utilizzando il modello MAGNET (Modular Applied GeNeral Equilibrium Tool). Grazie a questo sofisticato modello, che utilizza indicatori di sostenibilità, il Centro comune di ricerca ha valutato gli impatti che la riduzione dello spreco alimentare avrebbe a livello sociale, ambientale ed economico se venisse attuata sin da ora fino al 2030.
Osservando ad esempio le ripercussioni economiche, si stima che la riduzione dello spreco porti ad una contrazione della domanda di beni, che conduce inevitabilmente all’abbassamento dei prezzi della merce. Le stime elaborate dal JRC prevedono un calo del costo della frutta del 2%, e si stima addirittura una riduzione del 7% per il prezzo della verdura. Inoltre, per restare sempre in tema monetario, il JRC ha calcolato che ogni famiglia riuscirebbe a risparmiare dai 220€ ai 720€ all’anno solamente grazie alla riduzione dello spreco alimentare. Tra le conseguenze positive di queste abitudini responsabili, a livello ambientale, il calcolo effettuato dai ricercatori del JRC vede una riduzione delle emissioni di gas serra fino a 108 milioni di tonnellate.
Chi spreca di più?
Gli attori meno attenti e virtuosi sono i consumatori finali, le famiglie, responsabili della metà degli sprechi di cibo totali. Nel cestino di casa finiscono soprattutto prodotti freschi e deperibili, frutta e verdura (aglio e cipolle sono in testa a questa classifica), seguite da lievitati e prodotti da forno, spesso si butta il pane avanzato, che potrebbe essere invece recuperato grazie a ricette antispreco, carne e tuberi. La lavorazione e l’industria manifatturiera sono al secondo posto in quanto a sprechi, seguite dal settore primario, dai ristoranti e dai servizi alimentari in genere ed infine dalla distribuzione e vendita al dettaglio. La Commissione europea richiede agli stati membri di introdurre modifiche e attuare piani dando la libertà di scegliere il programma ritenuto più efficace, tuttavia richiede che entro il 2030 vi sia una riduzione degli sprechi del 30% pro capite nella ristorazione, a casa e nella distribuzione, per il settore manifatturiero e di lavorazione è richiesto un calo del 10%.
Cosa si può fare per ridurre gli sprechi?
La Commissione sta sviluppando una metodologia comune e condivisa a livello comunitario per quantificare gli sprechi, definirne gli indicatori, per far incontrare gli Stati Membri e gli attori della catena per stabilire le misure necessarie per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile e condividere le migliori pratiche e i risultati ottenuti.
Gli Stati Membri dell’Unione sono stati coinvolti in un progetto volto a raccogliere dati in merito alle iniziative proposte per ridurre e prevenire lo spreco alimentare. Le iniziative promosse dai singoli stati differiscono per tipologia, portata e budget, coinvolgono inoltre diversi protagonisti: comuni, associazioni, consumatori, studenti, coltivatori, raggiungendo trasversalmente tutti gli attori coinvolti, dalla produzione al consumo, senza trascurare la lavorazione, la trasformazione, il trasporto e la vendita.
Commissione e Parlamento Europei hanno stilato una lista di suggerimenti di pratiche virtuose, suddividendole in 6 aree, al fine di ridurre lo spreco in ambito domestico ma anche quando si esce a mangiare. Le sei tipologie di pratiche comprendono:
- suggerimenti per evitare gli sprechi a casa, ad esempio propongono un ricettario per utilizzare gli avanzi o un percorso informativo per spiegare come interpretare le date di scadenza. La consumazione di un prodotto preferibilmente entro una certa data è solo un suggerimento e non è indicativo del deperimento dell’alimento, i prodotti riportanti questa dicitura dunque non devono essere necessariamente entro il giorno riportato sulla confezione
- corsi e approcci concreti in cucina. Le nuove etichette con QR code consentono di trasmettere più informazioni al consumatore rispetto alle etichette classiche, potrebbero quindi riportare anche consigli e ricette per il recupero delle eccedenze. Altri strumenti tecnologicamente avanzati e digitali, come le applicazioni (ad esempio l’app foodsharing.de), potrebbero essere sfruttati per condividere progetti e informazioni, consentendo la valorizzazione del surplus alimentare e la consapevolezza sul valore del cibo
- Le Istituzioni europee desiderano aumentare il raggio d’azione delle politiche e il coinvolgimento dei cittadini in tutta Europa, per questo si pensa a campagne di sensibilizzazione per cittadini, tanto per i giovani quanto per gli adulti. Un esempio riguarda la divulgazione di ricerche sui materiali impiegati per il packaging, suggerendo di preferire confezioni più innovative e sostenibili.
- programmi a scuola, anche nelle mense, per istruire i cittadini sin dalla più tenera età ed educarli ad un consumo consapevole
- suggerimenti adottabili nella quotidianità, come il consiglio di portare a casa quanto avanzato quando si esce a mangiare al ristorante
- programmi di prevenzione contro lo spreco alimentare, come ad esempio misure per impedire la distruzione del cibo eccedente e le alternative possibili per il suo recupero attraverso la ridistribuzione
Dal Citizens’ Food Waste Panel è stata estrapolata una lista di 23 raccomandazioni, condivise e discusse da tutti gli stati membri e dagli attori che vi hanno preso parte. Emerge chiaramente la necessità di coinvolgere e rafforzare la collaborazione con ogni attore della filiera. Il report, corredato di proposte legislative emanate dalla Commissione, non costituisce unicamente un esempio di democrazia attiva e partecipativa, ma è anche un importante contributo, concreto e ben strutturato, per dare inizio allo sviluppo di una politica europea volta a prevenire gli sprechi alimentari. La campagna Food Waste EU ha individuato tre aree principali di intervento: cooperazione nella filiera alimentare, iniziative economiche e supporto al cambiamento del consumatore.
La cooperazione tra gli attori dell’intero processo produttivo, dalla produzione alla distribuzione, consente di redistribuire le eccedenze, incrementando conseguentemente anche la solidarietà verso i più bisognosi. La sinergia va estesa oltre che ai singoli attori, anche agli stati, è infatti importante aumentare la comunicazione tra Paesi, invitando i singoli governi a condividere dati raccolti e iniziative intraprese, si pensa anche alla possibilità di creare un gemellaggio tra città che abbiano condizioni simili di spreco, in modo da poter avviare una collaborazione per risolvere insieme questi problemi
Numerose sono le iniziative emerse durante il Panel volte a minimizzare gli sprechi e ad aumentare la sostenibilità. I piccoli produttori locali andrebbero maggiormente supportati, ad esempio attraverso l’applicazione di normative che mirino a ridurre il gettito fiscale. Un contributo potrebbe essere dato anche da autorità locali e regionali, che potrebbero supportare associazioni e altri attori che siano coinvolti nella lotta allo spreco, come ad esempio il banco alimentare. Banco alimentare, enti e associazioni che si occupano del recupero e della redistribuzione delle eccedenze alimentari andrebbero tutelate e normate secondo leggi condivise a livello comunitario. È in corso di studio una piattaforma che metta in collegamento tutte le applicazioni che trattano la raccolta e il recupero delle eccedenze per rendere più efficace e snello lo smistamento e la redistribuzione delle risorse raccolte. Altre applicazioni possono consentire di raccogliere dati nell’intera filiera, si stanno progettando e perfezionando app di misurazione dei consumi individuali. Altri strumenti di raccolta dati altrettanto validi sono le indagini dell’eurobarometro, i questionari inviati a scuole e altre organizzazioni, il monitoraggio attraverso pratiche di journaling, studi specifici universitari e di enti di ricerca. Primi importanti passi possono essere fatti anche dalla grande distribuzione. Innanzitutto i grandi distributori potrebbero adeguare l’acquisto delle scorte di magazzino alle vendite stimate, per ridurre le scorte e limitare lo spreco. Per favorire invece i prodotti locali rispetto ai prodotti delle grandi aziende nazionali e multinazionali, si pensa a migliorarne la visibilità e la segnaletica informativa sugli scaffali. Informazione ed educazione rappresentano termini chiave di questa fase, si rende necessario educare il consumatore all’accettazione anche di prodotti scartati perché considerati brutti o di forma irregolare.
Tra le iniziative economiche proposte, attuabili tanto nelle piccole botteghe quanto nei grandi supermercati, si pensa alla riduzione del prezzo finale del cibo in eccesso o di quello che sta per scadere. Politiche di riduzione degli sprechi coinvolgono anche la ristorazione: i locali potranno esporre un logo che consentirà al consumatore di sapere che in quel ristorante è possibile chiedere di incartare gli avanzi del pasto per portarli a casa. Le eccedenze non servite ai clienti possono essere inoltre redistribuite tra il personale che lavora nel locale, l’eccedenza della materia prima invece può essere donata a banchi alimentari o istituti che si occupino di donarlo in beneficenza. Il cibo che invece non può più essere destinato al consumo umano, può essere trasformato in energia, grazie ad un adeguato smaltimento, incentivato da una riduzione sulle tasse per i rifiuti. Non solo nella ristorazione ma anche in fase di produzione e distribuzione, è buona norma assicurarsi che prima di essere gettati, siano state pensate soluzione alternative per uno smaltimento consapevole degli alimenti, come ad esempio il consumo animale, il recupero attraverso il compostaggio o la trasformazione in biocarburante. Altre due pratiche accessorie possono essere introdotte: misurare gli scarti e prestare attenzione all’imballaggio. Pesare gli scarti può essere utile per monitorare la situazione, i dati raccolti consentiranno di stilare report che possano fornire una fotografia realistica e trasparente dell’andamento delle politiche adottate. Il piano di reporting dovrebbe essere obbligatorio per tutti gli attori della filiera, ad eccezione del cittadino. Per quanto concerne il packaging, si possono ricercare soluzioni alternative, innovative e più sostenibili, ricordando sempre che quando possibile è bene evitare l’imballaggio. Anche le dimensioni delle confezioni possono essere oggetto di studio, cercando le condizioni di migliore trasportabilità nelle minori dimensioni possibili.
La terza area di intervento riguarda il supporto al cambiamento nelle abitudini del consumatore, già a partire dal coinvolgimento dei bambini, bisogna garantire la comprensione e l’apprezzamento del valore del cibo e spronare il consumatore ad adottare comportamenti più consapevoli. A scuola ampio spazio andrebbe dato ad argomenti quali nutrizione e alimentazione, inoltre si dovrebbero stimolare i ragazzi per avviare dibattiti su politiche di acquisto e consumo. Anche agli insegnanti dovrebbe essere garantita adeguata formazione, e oltre al training andrebbe fornito materiale da distribuire in classe per trasmettere anche agli studenti i concetti appresi durante i corsi di formazione.
Sono state proposte altre attività per aumentare il livello di informazione di tutta la popolazione. Vivere e conoscere la campagna può essere un primo modo per invitare i cittadini ad un consumo sostenibile, si ipotizza di dedicare 4 weekend all’anno per aumentare la consapevolezza nel consumatore, creando un logo unico e identificabile per tutti i paesi. Laboratori a tema possono essere proposti durante una settimana specifica, la “Settimana della consapevolezza sullo spreco alimentare” che consenta di riceve anche un certificato al termine del percorso informativo. Campagne informative, applicazioni ad hoc, incontri, documentari e programmi televisivi dedicati sono altri strumenti comunicativi fondamentali e sfruttabili per arginare il fenomeno dello spreco alimentare.
Cosa si fa in Italia?
In Italia il Ministero della Transazione Ecologica e la Direzione generale per l’economia circolare si occupano di rifiuti alimentari e mirano ad adottare misure volte alla loro riduzione. Già da primi lavori condotti nel 2013, è stato definito un Piano Nazionale di Prevenzione degli Sprechi Alimentari (PINPAS). La legge 19 agosto 2016, n. 166 recante “Disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi” ha tra le proprie finalità quella di contribuire a ridurre la produzione di rifiuti, promuovere il riuso e il riciclo, nonché contribuire al raggiungimento degli obiettivi generali stabiliti dal programma nazionale di prevenzione dei rifiuti. Questa legge desidera non solo recuperare ma anche invitare a donare per fini di solidarietà sociale, tutti quei prodotti alimentari scartati dalla catena agroalimentare per ragioni commerciali, estetiche o perché prossime alla data di scadenza ma ancora commestibili, che, se non distribuite in modo adeguato, rischierebbero di essere sprecate. Questa legge coinvolge enti pubblici o privati senza scopo di lucro che ricevono in forma gratuita le eccedenze alimentari e si occupano altrettanto gratuitamente, della loro redistribuzione a soggetti indigenti, al sostegno di animali o all’autocompostaggio. Questa normativa include anche il recupero dei prodotti da forno, come già detto in testa alla classifica dei cibi maggiormente sprecati, che possono essere donati entro le 24 ore successive alla produzione. Infine la normativa consente anche la donazione di prodotti alimentari oggetto di confisca e ancora idonei al consumo. In Italia, come previsto dalla normativa, sono stati sottoscritti protocolli d’intesa e accordi di collaborazione per garantire la diffusione di buone pratiche, contributi importanti derivano dei protocolli sottoscritti con l’Università di Bologna e ANCI. L’iniziativa che coinvolge ANCI riguarda la promozione dell’utilizzo di contenitori riutilizzabili idonei a consentire l’asporto di cibo. Scopo del Protocollo d’intesa è sviluppare attività a supporto dei Comuni per ridurre gli sprechi alimentar e per promuovere l’utilizzo di contenitori riutilizzabili per l’asporto includendo anche le attività di ristorazione per l’asporto del cibo non consumato.
Redistribuzione delle eccedenze: Ricolto
Ricolto, il primo emporio solidale a Brescia, è un esempio concreto dell’attuazione di buone pratiche di gestione delle eccedenze alimentari. Ri-colt-o è la sintesi di tre azioni: riutilizzare, coltivare e orientare. Basato sul concetto di reciprocità e nato dal desiderio di creare un circolo virtuoso nel ciclo della distribuzione alimentare, Ricolto si premura di redistribuire le eccedenze donate dai supermercati Coop e Italmark situati a Brescia e dalla cooperativa Cauto a famiglie in situazioni di fragilità economica. Ricolto consente ai bisognosi di riempire gratuitamente il carrello non solo grazie alle donazioni ricevute, ma anche attraverso le collette alimentari organizzate presso i supermercati aderenti al progetto. L’attività dell’emporio solidale rappresenta una fonte di sostentamento vitale per i cittadini bresciani in difficoltà, permette anche di dare vita ad una vera e propria catena di solidarietà che coinvolge associazioni, volontari (i commessi dell’emporio), imprese pubbliche e private e al contempo consente di dare nuova vita a cibi che altrimenti andrebbero sprecati.
Ulteriori informazioni qui:
https://food.ec.europa.eu/safety/food-waste_en
https://publications.jrc.ec.europa.eu/repository/handle/JRC133971
https://www.fao.org/platform-food-loss-waste/flw-events/international-day-food-loss-and-waste/en
https://www.fao.org/fao-stories/article/en/c/1072865/
Less food waste could bring lower EU food prices and decrease greenhouse gas emissions (europa.eu)
Goal 12: Responsible consumption and production – The Global Goals
Less food waste could bring lower EU food prices and decrease greenhouse gas emissions (europa.eu)
Food waste panel – Citizens’ recommendations_0.pdf (europa.eu)
Spreco alimentare | Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (mase.gov.it)
https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2016/08/30/16G00179/sg